CONTRASTO AL CAPORALATO ED ALLO SFRUTTAMENTO DEL LAVORO IN AGRICOLTURA
Fino a sei anni di carcere per chi è giudicato colpevole del
reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, cioè di
caporalato. L’aula del Senato ha approvato in prima lettura il ddl di
iniziativa governativa, che ora passa alla Camera. Rispetto al testo presentato
dal governo, la novità principale riguarda il reato di caporalato definendo
anche una responsabilità per le imprese che impiegano mano d’opera in
condizioni di sfruttamento. E’ punito con la reclusione da uno a sei anni e con
la multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato, chiunque recluta
manodopera per destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento,
approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori e chi utilizza, assume o
impiega manodopera, anche mediante l’attività di intermediazione di caporali,
sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del
loro stato di bisogno. Scopri tutti i dettagli del provvedimento.
1. Principi e norme costituzionali che impongono l'intervento
legislativo.
Il fenomeno del caporalato e del lavoro
nero in agricoltura si è in questi ultimi anni enormemente sviluppato. Le
dimensioni del fenomeno e le condizioni
di estremo sfruttamento che esso comporta sui lavoratori sono oggi inaccettabili ed incompatibili con il
nostro ordinamento costituzionale. Il caporalato e lo sfruttamento del
lavoro, in agricoltura come in altri settori, costituiscono un'aperta
violazione degli articoli che tutelano i
lavoratori nel Titolo III della Prima Parte della Costituzione italiana.
Chi lavora nelle terre del caporalato e in
condizioni di sfruttamento non ha una retribuzione
proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto e comunque non
ha una retribuzione sufficiente ad
assicurare a sé ed alla sua famiglia una esistenza libera e dignitosa, come
è invece affermato dal primo comma dell'articolo 36 Cost. quale primo e
fondamentale diritto del lavoratore.
Non vi sono limiti alla durata della giornata lavorativa, che supera di norma
la durata stabilita per legge, e il lavoratore non ha il diritto al riposo settimanale e alle ferie retribuite
come sancito dai commi secondo e terzo dell'articolo 36 Cost.
Per chi lavora in condizioni di
sfruttamento non vi sono limiti minimi
di età, non vi sono tutele per le lavoratrici
madri e solitamente le donne ed i minori ricevono retribuzioni inferiori a
parità di lavoro svolto. Tutto ciò in aperta violazione dell'articolo 37
Cost.
Chi è in condizioni di bisogno e si
sottomette al ricatto dell'intermediazione illecita e a condizioni lavorative
di sfruttamento non ha sicurezza sul
lavoro, non ha alcuna tutela in caso
di infortunio o malattia e non godrà mai di una pensione contro quanto stabilito dall'articolo 38 Cost.
Per contro, le aziende ed i datori di
lavoro che si servono dell'intermediazione illecita dei caporali e sfruttano il
lavoro di chi è in condizioni di bisogno, recano danni alla sicurezza, alla
libertà ed alla dignità umana, in primo luogo degli stessi lavoratori che
costringono a condizioni di vita degradanti ed intollerabili.
Per questo le aziende e i datori di lavoro
che praticano lo sfruttamento svolgono la loro attività in palese contrasto con
quell'utilità sociale, che secondo
quanto sancito dall'articolo 41 Cost. deve, invece, sempre caratterizzare
l'iniziativa economica privata. Esse
infatti, godono di ingiusti profitti costruiti sullo sfruttamento dei
lavoratori, costringendo ad una concorrenza al ribasso le aziende e gli
imprenditori onesti che assumono regolarmente, con conseguenze negative sul
prezzo, sulla qualità e sulla stessa salubrità dei prodotti.
L'intermediazione illecita e lo
sfruttamento del lavoro si pongono oggi in radicale contrasto con i principi
fondamentali della nostra Repubblica
democratica che, come afferma l'articolo 1 Cost., "è fondata sul lavoro". Il
diffondersi sempre più ampio del caporalato e dello sfruttamento in agricoltura
come in altri settori mina i principi sui quali si fonda la convivenza
democratica.
Per queste ragioni questo disegno di legge
si dà come obiettivo quello di rimuovere anche con lo strumento penale un
fenomeno che costituisce oggi uno dei più gravi ostacoli alla libertà ed
all'uguaglianza dei cittadini, che offende la dignità dei lavoratori e ne
preclude il pieno sviluppo della personalità e la partecipazione alla vita
economica, sociale e politica del nostro Paese.
Si tratta di un primo passo per contrastare
l'intermediazione illecita e lo sfruttamento del lavoro. In particolare, la
riforma del reato di intermediazione illecita e sfruttamento è oggi
fondamentale per una adeguata repressione del fenomeno e riconduce il diritto
penale alla sua principale funzionalità che è quella di apprestare garanzie a tutela dei diritti di chi è più debole.
2. La riscrittura del 603-bis c.p. : il reato di intermediazione
illecita e sfruttamento del lavoro
L'articolo
1 del disegno di legge, nel testo proposto dalla Commissione
agricoltura (che ha pienamente recepito il parere della Commissione Giustizia),
riscrive l’intero art. 603-bis codice
penale, introdotto nel 2011, che punisce oggi solo il caporale e richiede come
requisiti del reato l'organizzazione di una attività lavorativa caratterizzata
da sfruttamento mediante violenza o minaccia. L'esperienza dei cinque anni
dalla sua introduzione nel codice mostra come l'attuale formulazione del 603-bis sia del tutto inadeguata a reprimere
il fenomeno dello sfruttamento del lavoro in agricoltura.
L'articolo
1 cambia
la previsione di reato lasciando inalterata solo la rubrica dell’articolo:
-
riscrive
la condotta dell’intermediario e punisce anche quella del datore di lavoro o utilizzatore che impieghi manodopera reclutata dall’intermediario e
sottoponga i lavoratori a condizioni di sfruttamento, anche senza il ricorso a
violenza o minacce;
-
prevede un’aggravante specifica per l’intermediazione o l’utilizzo di
lavoratori in condizioni di sfruttamento, mediante uso di violenza o minaccia;
-
conseguentemente prevede maggiore gradualità delle pene, comprese quelle pecuniarie (da 1 a 6
anni per sfruttamento senza violenza o minaccia, con multa da 500 a 1000 euro
per ciascun lavoratore reclutato; da 5 a 8 con violenza o minaccia, con multa
da 1000 a 2000 euro per ciascun lavoratore reclutato);
-
prevede la figura
di reato autonoma del datore di lavoro che utilizza, assume o impiega
manodopera in condizioni di sfruttamento, anche laddove non sia assunta
mediante ricorso ad un intermediario (da 1 a 6 anni per sfruttamento senza
violenza o minaccia, con multa da 500 a 1000 euro per ciascun lavoratore
utilizzato; da 5 a 8 con violenza o minaccia, con multa da 1000 a 2000 euro per
ciascun lavoratore utilizzato);
-
precisa e semplifica gli indici di sfruttamento lavorativo rendendoli più puntuali: in
particolare viene presa in considerazione la violazione degli indici di
sfruttamento relativi alla retribuzione e all'orario di lavoro quando è reiterata e non solo sistematica;
3. Le nuove circostanze attenuanti.
L'articolo
2 del disegno di legge introduce nel codice penale l'articolo
603-bis.1, che individua una ipotesi di circostanza attenuante specifica per il
reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, che si
differenzia dal ddl di iniziativa governativa nei seguenti punti:
-
per il ricorrere dell'attenuante è richiesto
che il responsabile nel rendere dichiarazioni su quanto a sua conoscenza, si
adoperi per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze
ulteriori ovvero aiuti concretamente l'autorità di polizia o
l'autorità giudiziaria nella raccolta di prove decisive per l'individuazione o
la cattura dei concorrenti o per il sequestro delle somme o altre utilità
trasferite. La più specifica definizione della condotta che dà luogo
all'attenuante è diretta conseguenza della riformulazione del reato e della sua
estensione al datore di lavoro;
-
la riduzione di pena prevista dalla circostanza
attenuante va da un terzo ai due
terzi. La riduzione fino a due terzi è coerente con la diminuzione di pena
prevista in relazione ad altre fattispecie incriminatrici (art. 323-bis cp,
come modificato dalla legge n. 69/2015) e mira a rompere il sodalizio criminale
che si istaura tra il caporale e il datore di lavoro, premiando quelle forme di
collaborazione con l'autorità giudiziaria che permettano di estirpare il
fenomeno;
-
si rinvia alle norme previste dall'articolo 16-septies
del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, che prevedono la revisione della
sentenza quando le circostanze attenuanti sono state applicate per effetto di dichiarazioni false o reticenti;
-
si esclude l'applicazione del 600-septies.1 per
permettere l'applicazione dell'attenuante
specifica di cui all'art. 603-bis.1
(e quindi anche della diminuente da un terzo ai due terzi) anche
ai concorrenti nel reato di intermediazione illecita e sfruttamento del
lavoro.
4.
La confisca obbligatoria.
Sempre l'articolo 2 introduce nel codice penale l’art. 603-bis.2, che
prevede in caso di condanna (o di applicazione della pena su richiesta delle
parti) per il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro la confisca obbligatoria delle cose che
servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il
prezzo. Rispetto al ddl di iniziativa governativa si prevede:
-
che la confisca obbligatoria faccia salvi i
diritti della persona offesa alle restituzioni e al risarcimento del danno;
-
la confisca dei beni di cui il reo abbia la
disponibilità anche indirettamente o per
interposta persona, con una formulazione analoga a quella dell’art. 600- septies
c.p.
L'articolo 5 del disegno di legge inserisce il delitto di
intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro tra i reati per i quali (in
caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti) è sempre disposta la confisca del denaro, dei
beni o delle altre utilità di cui il condannato non possa giustificare la
provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica,
risulti essere titolare o avere la disponibilità, a qualsiasi titolo, in valore
sproporzionato al proprio reddito o alla
propria attività economica.
L'articolo 7 del disegno di legge prevede che i proventi delle confische per il reato
di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro siano assegnati al Fondo per le misure anti-tratta, di cui
all'art. 12 della legge 11 agosto 2003, n. 228.
5.
Il controllo giudiziario
dell'azienda e la rimozione delle condizioni di sfruttamento
L'articolo
3 del disegno di legge introduce, quando ricorrano i presupposti indicati del sequestro
preventivo (primo comma art. 321 cpp), il controllo
giudiziario dell’azienda, disposto dal giudice qualora l'interruzione dell'attività imprenditoriale possa comportare
ripercussioni negative sui livelli occupazionali o compromettere il valore
economico del complesso aziendale. Con il decreto con cui dispone il
controllo giudiziario dell’azienda, il giudice nomina uno o più amministratori
giudiziari, che affiancano l’imprenditore nella gestione dell’azienda. L’amministratore
giudiziario:
1)
controlla il rispetto delle norme e delle condizioni lavorative la cui
violazione costituisce indice di sfruttamento
2)
procede
alla regolarizzazione dei lavoratori
che al momento dell’inizio del procedimento non erano regolarmente assunti;
3)
l’amministratore può adottare misure anche in difformità da quelle
proposte dall’imprenditore.
Viene poi introdotta al
quarto comma una norma di coordinamento per i casi di sequestro disposto nei
casi in cui è consentita la confisca (secondo comma art. 321 cpp) e nei casi di
confisca disposta ai sensi del nuovo 603-bis.2, nei quali si prevede
l'applicazione regime dei beni sequestrati e confiscati alla mafia contenute
nel Codice Antimafia di cui decreto legislativo n. 159 del 2011.
6.
Arresto obbligatorio in flagranza
L'articolo
4 del disegno di legge inserisce il delitto di intermediazione illecita e
sfruttamento del lavoro tra i reati per i quali è previsto l'arresto obbligatorio in
flagranza di reato prevedendolo,
coerentemente con la nuova formulazione del reato, nei casi in cui
l'intermediazione illecita e lo sfruttamento del lavoro siano stati commessi con violenza o minaccia.
7.
Responsabilità degli enti
L'articolo
6 del disegno di legge inserisce il delitto di intermediazione illecita e
sfruttamento del lavoro tra i reati per i quali è prevista la responsabilità di enti, società ed
associazioni (anche prive di personalità giuridica) privati, nonché gli enti pubblici economici per i reati commessi
nell'interesse o a vantaggio dell'ente.
Con riferimento al delitto di
intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro:
-
la misura minima della sanzione
amministrativa pecuniaria per l'ente viene fissata a 400 quote, mentre la
misura massima è pari a 1.000 quote;
-
si inserisce il delitto tra quelli per i
quali si applica anche una sanzione interdittiva a carico dell'ente.
8. Adesione alla Rete del lavoro agricolo
di qualità
Mentre negli articoli
da 1 a 7 del disegno di legge si affrontano le questioni di carattere penale,
gli articoli 8 e 9 intervengono per fissare alcune politiche di intervento che
connettono lo Stato, le istituzioni locali e l'amministrazione con le imprese,
le forze sociali, altri attori privati, al fine di favorire il contrasto al
lavoro nero e lo sfruttamento lavorativo in agricoltura, evidenziando le
principali linee di intervento e predisponendo strumenti in grado di affrontare
alcune situazioni d'emergenza. Mentre l'articolo
8 interviene a fondo sulle disposizioni (articolo 6 del decreto-legge n. 91
del 2014) che hanno istituito la Rete del lavoro agricolo di qualità e che
regolano la sua composizione, le sue funzioni, le sue attività, l'articolo 9 prevede la predisposizione
di un piano d'interventi per il supporto
dei lavoratori agricoli.
Alcune delle principali
modifiche apportate dal disegno di legge alla norma istitutiva della Rete sono
destinate ad ampliare i soggetti partecipanti
alla Cabina di Regia, che sovrintende al funzionamento della Rete, e l'ambito
dei soggetti che possono aderire alla Rete. Quanto alla Cabina di regia, vi
entrano rappresentanti del Ministero dell'Interno, dell'Ispettorato nazionale
del lavoro, dell'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro e dell'Agenzia
delle entrate, in considerazione sia delle competenze in materia di controlli
sul lavoro e sull'immigrazione, sia per garantire un più efficace intervento
nella valutazione delle richieste di iscrizione, così come nel monitoraggio del
settore agricolo e delle sue dinamiche occupazionali, che permetta di proporre
adeguati interventi in previsione dei nuovi compiti attribuiti alla Rete. Si
riscrive altresì la composizione della rappresentanza delle parti sociali, prevedendo
la presenza delle cooperative agricole.
Per quanto riguarda i nuovi soggetti che possono aderire alla
Rete, il testo prevede la possibilità di apposite convenzioni per gli
sportelli unici per l'immigrazione, le istituzioni locali, i centri per l'impiego,
gli enti bilaterali costituiti dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei
lavoratori in agricoltura, i soggetti abilitati al trasporto delle persone e le
agenzie per il lavoro, nonché gli altri soggetti autorizzati all'attività di
intermediazione. I soggetti privati, sia quelli abilitati al trasporto di
persone che quelli autorizzati all'intermediazione di manodopera, devono però
rispettare i requisiti previsti per le imprese agricole, che sono tra l'altro
integrati e modificati dal disegno di legge.
In effetti, anche per
rendere più agevole l'adesione e risolvere alcune delle difficoltà incontrate
sia dalle imprese che dalla Cabina che valuta sulle istanze di partecipazione
(nei primi due anni infatti, su un potenziale di 740.000 aziende agricole, le
richieste si erano limitate a 300), sono state riviste le norme che definiscono
i requisiti di accesso alla Rete. Oltre
all'assenza di condanne penali,
per le violazioni amministrative si
richiede che le imprese non siano state destinatarie negli ultimi tre anni di
sanzioni anche non definitive per violazioni in materia di lavoro, legislazione
sociale e obblighi in materia di imposte o tasse, a meno che esse non abbiano
provveduto a regolarizzare le inosservanze e provvedere al pagamento delle
sanzioni. Si mantiene il requisito di regolarità
nel versamento dei contributi previdenziali e assicurativi, si richiede la
garanzia dell'applicazione dei contratti
collettivi nazionali e territoriali e infine di non essere controllate o collegate a soggetti che
violino i requisiti richiesti.
9. Nuovi
compiti e funzioni della Rete
La Cabina di regia si
vede attribuiti nuovi compiti Essa procede infatti, in primo luogo, a monitoraggi
sull'andamento del mercato del lavoro agricolo su base trimestrale, anche attraverso
l'accesso ai dati relativi all'instaurazione, trasformazione e cessazione dei
rapporti di lavoro disponibili presso il Ministero del Lavoro, valutando in
particolare il rapporto tra il numero dei lavoratori stranieri che risultano
impiegati e il numero dei lavoratori stranieri ai quali è stato rilasciato il
nulla osta per il lavoro agricolo dagli sportelli unici per l'immigrazione. A
questo proposito, si prevede l'adattamento del sistema UNIEMENS anche al settore agricolo, con
effetto a partire dal mese di gennaio 2018, i cui dati saranno resi disponibili
alla Cabina di regia. Tale adattamento, comunque, non comporterà modifiche al
vigente sistema di tutele assistenziali e previdenziali per i lavoratori
agricoli, né sul sistema dei pagamenti trimestrali, e contestualmente determinerà
l'attivazione del servizio di tariffazione da parte dell'INPS. Si adotta in
questo modo il sistema di comunicazione mensile delle persone occupate
attualmente vigente per le aziende non agricole, rendendo omogenei i dati e i
tempi di raccolta. Una volta attuato, infine, il Libro unico del lavoro, con dati accessibili a tutte le
amministrazioni interessate, esso andrà a sostituire il sistema UNIEMENS quale
unico documento per gli adempimenti in materia previdenziale e contributiva.
In secondo luogo, la
Cabina avrà il compito di promuovere iniziative
in materia di politiche attive del lavoro, di contrasto al lavoro
sommerso e di organizzazione e gestione dei flussi di manodopera
stagionale, assieme con l'assistenza dei lavoratori immigrati.
In tali compiti, la
Cabina potrà utilizzare le informazioni in possesso delle commissioni
provinciali integrazione salari agricoli (CISOA) e dell'AGEA, per formulare indici di coerenza aziendale correlati
alle caratteristiche produttive del territorio, e si avvarrà a tale scopo delle
neo-istituite sezioni territoriali della Rete
Infine, starà alla
Cabina promuovere la stipula delle
convenzioni con i nuovi soggetti potenzialmente aderenti alla Rete, nonché
trasmettere alle Camere una relazione
sulle attività svolte.
10. Articolazione a livello
territoriale
La struttura della Rete
si arricchisce dunque con la creazione di nodi locali - sezioni territoriali - con sede presso le CISOA, cui potranno
aderire i soggetti che hanno stipulato convenzione con la Rete. Con tale ampia
partecipazione, sarà più facilmente disponibile la conoscenza di dati relativi
alla quantità, capacità, qualità, specializzazione della manodopera
disponibile, alle esigenze del territorio, alle caratteristiche delle
produzioni, all'ammodernamento dei sistemi produttivi. E' attraverso la sezione
territoriale che si renderà possibile una maggiore conoscenza dei problemi dell'agricoltura del territorio,
delle sue specificità e difficoltà, soprattutto per affrontare e fornire
soluzioni a due questioni rilevanti per il contrasto del caporalato, ovvero il
collocamento agricolo e il trasporto dei lavoratori sino al luogo di lavoro.
Dunque, le sezioni
territoriali, in collaborazione con la Rete nazionale dei servizi per le
politiche del lavoro e l'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro,
promuovono modalità sperimentali di
intermediazione tra domanda e offerta di lavoro, che permetta una
modulazione territoriale dei servizi all'impiego. Per quanto riguarda il trasporto dei lavoratori, le sezioni
territoriali promuovono iniziative per realizzare forme di organizzazione del
trasporto anche mediante convenzioni tra i soggetti provvisti di autorizzazione
al trasporto di persone e in possesso dei requisiti necessari all'iscrizione
alla Rete e gli enti locali. Questi ultimi possono poi stabilire che la stipula
della convenzione è condizione necessaria per accedere ai contributi istituiti
per il trasporto dei lavoratori agricoli dai medesimi enti. Essi stabiliscono
le condizioni e l'ammontare dei contributi tenendo conto di quanto
eventualmente previsto dai contratti collettivi in ordine alla quantificazione
e ripartizione del costo del trasporto tra imprese e lavoratori. La violazione
da parte del trasportatore di quanto previsto dalla convenzione comporterà la sua
risoluzione e la decadenza dai contributi.
11. Piano di interventi a supporto dei
lavoratori stagionali
L'articolo 9
affronta le urgenze che ogni anno, in specifici periodi, si palesano in diversi
territori. Si prevede che le amministrazioni statali (Ministero del lavoro,
delle politiche agricole, dell'interno) direttamente coinvolte nella vigilanza
e nella tutela delle condizioni di lavoro nel settore agricolo predispongano
congiuntamente un piano di interventi
mirato alla sistemazione logistica e
al supporto dei lavoratori impegnati
in attività stagionali di raccolta, con il coinvolgimento delle Regioni, delle
Province autonome e delle amministrazioni locali, nonché delle organizzazioni
del terzo settore, e forme di collaborazione con le sezioni territoriali della
Rete anche per realizzare modalità sperimentali di collocamento agricolo che
tengano conto delle caratteristiche produttive dei territori.
Circa lo stato di attuazione del Piano è fornita al Parlamento
apposita relazione da parte dei Ministeri del lavoro, delle politiche agricole
e dell'interno.
12. Risoluzione del contenzioso in materia di riallineamento contributivo
Nel corso
dell'esame in Aula, infine, è stato introdotto un nuovo articolo al disegno di
legge (nuovo articolo 10) che viene
incontro alle giuste esigenze di numerose imprese agricole del Meridione. L'obiettivo
della norma è quello di superare, all'interno del settore agricolo, il
contenzioso tra l'INPS e le aziende
inerente gli accordi provinciali di riallineamento retributivo, che verteva
sull'applicazione di benefici contributivi, stabiliti nel decreto legge 510 del
1996, per quelle aziende del Mezzogiorno che avessero recepito gli accordi
provinciali di riallineamento stipulati dalle associazioni degli imprenditori e
dalle organizzazioni sindacali. A questi accordi veniva riconosciuta validità
pari a quella attribuita ai contratti collettivi nazionali di lavoro di
riferimento e, ai fini del godimento dei benefici, l'impresa doveva
sottoscrivere appositi verbali di recepimento, da depositare agli uffici
provinciali del lavoro e all'INPS. Il successivo cambiamento del quadro
normativo, tuttavia, aveva determinato il mancato riconoscimento della validità
degli accordi e l'innescarsi di un lungo
contenzioso tra imprese e INPS. La nuova disposizione prevede dunque gli
accordi provinciali possano demandare la definizione parziale o totale del programma graduale di riallineamento dei
trattamenti economici dei lavoratori agli accordi aziendali di recepimento,
purché sottoscritti con le stesse parti che hanno stipulato l'accordo
provinciale.