DISPOSIZIONI IN MATERIA DI RESPONSABILITA' PROFESSIONALE DEL PERSONALE SANITARIO

Il disegno di legge in esame, approvato in prima lettura dalla Camera dei deputati il 28 Gennaio 2016 concerne la sicurezza delle cure sanitarie, la responsabilità professionale del personale sanitario e la responsabilità delle strutture in cui esso operi.


L'articolo 1 reca norme generali di principio in materia di sicurezza delle cure sanitarie. Si specifica che essa è parte costitutiva del diritto alla salute, è perseguita nell’interesse dell’individuo e della collettività e si consegue anche mediante l'insieme di tutte le attività intese alla prevenzione ed alla gestione del rischio (connesso all’erogazione di prestazioni sanitarie) e mediante l'impiego appropriato delle risorse strutturali, tecnologiche e organizzative. Si afferma altresì che alle attività di prevenzione del rischio, messe in atto dalle aziende sanitarie pubbliche, è tenuto a concorrere tutto il personale, compresi i liberi professionisti che vi operino in regime di convenzione (con il Servizio sanitario nazionale).
Si ricorda che l'attività di prevenzione e gestione del rischio sanitario è oggetto anche dei commi da 538 a 540 dell'art. 1 della L. 28 dicembre 2015, n. 208.
Riguardo a tali commi, rinviando alla parte relativa alle novelle di cui all'articolo 16 del presente disegno di legge per alcuni profili specifici, si ricorda qui che:
  • il comma 538 afferma che lo svolgimento "delle attività di prevenzione e gestione del rischio sanitario rappresenta un interesse primario del Sistema sanitario nazionale perché consente maggiore appropriatezza nell'utilizzo delle risorse disponibili e garantisce la tutela del paziente";
  • in base al successivo comma 539, le regioni e le province autonome assicurano che tutte le strutture pubbliche e private le quali eroghino prestazioni sanitarie attivino un’adeguata funzione di monitoraggio, prevenzione e gestione del rischio sanitario, per l'esercizio dei cómpiti ivi indicati, tra i quali: l'attivazione di percorsi di audit o di altre metodologie per lo studio dei processi interni e delle criticità più frequenti (cosiddetti eventi sentinella); la rilevazione del rischio di inappropriatezza nei percorsi diagnostici e terapeutici; la predisposizione e lo svolgimento di attività di formazione continua del personale; l'assistenza tecnica verso gli uffici legali della struttura sanitaria (per il contenzioso, per la stipulazione di coperture assicurative o per la gestione di coperture auto-assicurative).
commi da 1 a 3 del successivo articolo 2 prevedono che le regioni e le province autonome possano affidare all’ufficio del Difensore civico la funzione di garante per il diritto alla salute, secondo i seguenti princìpi: la definizione della relativa struttura organizzativa, contemplando la rappresentanza delle associazioni dei pazienti ed il supporto tecnico; la possibilità per ogni soggetto destinatario di prestazioni sanitarie di adire gratuitamente il Difensore civico (nella funzione in oggetto di garante per il diritto alla salute), direttamente o mediante un proprio delegato, per la segnalazione di disfunzioni del sistema dell'assistenza sanitaria; l'acquisizione da parte del Difensore civico, anche in via digitale, degli atti relativi alla segnalazione pervenuta e, in caso di accertamento della fondatezza di quest'ultima, l'intervento a tutela del diritto leso, con i poteri e le modalità stabiliti dalla legislazione regionale.
Il comma 4 dello stesso articolo 2 (insieme con il comma 2 dell'articolo 3) prevede che in ogni regione sia istituito, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, il Centro per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente, che raccoglie i dati regionali sugli errori sanitari e sulle cause, l'entità, la frequenza e l'onere finanziario del contenzioso e li trasmette all’Osservatorio nazionale sulla sicurezza nella sanità.
Quest'ultimo è istituito, ai sensi dell'articolo 3, presso l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (AGENAS), con decreto del Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. L'Osservatorio, oltre a raccogliere i dati suddetti dai Centri regionali, individua idonee misure - anche mediante la predisposizione, con l'ausilio delle società scientifiche, di linee di indirizzo - per la prevenzione e la gestione del rischio sanitario nonché per la formazione e l'aggiornamento del personale esercente le professioni sanitarie.
Nell'esercizio delle proprie funzioni, l'Osservatorio si avvale anche del Sistema informativo per il monitoraggio degli errori in sanità (SIMES)(1.
Il Ministro della salute trasmette annualmente alle Camere una relazione sull'attività svolta dall'Osservatorio.
Il comma 1 dell'articolo 4 afferma il principio che le prestazioni sanitarie (erogate dalle strutture pubbliche e private) sono soggette all'obbligo di trasparenza, nel rispetto del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196.
Il successivo comma 2 prevede che, entro trenta giorni dalla presentazione della richiesta da parte degli aventi diritto, la direzione sanitaria della struttura fornisca la documentazione clinica relativa al paziente, preferibilmente in formato elettronico.Sembrerebbe opportuno chiarire la nozione di "documentazione clinica" e se essa comprenda, tra l'altro, anche la documentazione relativa alle forme di assistenza sanitaria domiciliare.
Il comma 3 dispone che le strutture sanitarie, pubbliche e private, rendano disponibili, mediante pubblicazione sul proprio sitointernet, i dati relativi a tutti i risarcimenti erogati nell’ultimo quinquennio, verificati nell'àmbito dell'esercizio della funzione di monitoraggio, prevenzione e gestione del rischio sanitario(2.
L'articolo 5 demanda ad un decreto del Ministro della salute la regolamentazione e l'istituzione di un elenco di società scientifiche ed afferma il principio che gli esercenti le professioni sanitarie, nell'esecuzione delle prestazioni sanitarie con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche, palliative e riabilitative, si attengono, salve le specificità del caso concreto, alle buone pratiche clinico-assistenziali e alle raccomandazioni indicate dalle linee guida delle società iscritte nel suddetto elenco.
Sempre ai sensi dell'articolo 5, le linee guida di tali società sono inserite nel Sistema nazionale per le linee guida (SNLG) e pubblicate sul sito internet dell'Istituto superiore di sanità.
L'articolo 6 pone una limitazione per i reati di omicidio colposo e di lesioni personali colpose, circoscrivendo la relativa responsabilità alle ipotesi di colpa grave per l'esercente una professione sanitaria (con riguardo allo svolgimento della propria attività) ed escludendo dalla nozione di colpa grave le ipotesi in cui, fatte salve le rilevanti specificità del caso concreto, siano state rispettate le buone pratiche clinico-assistenziali e le raccomandazioni contemplate dalle linee guida, come definite e pubblicate ai sensi di legge (riguardo alle linee guida, cfr. il precedente articolo 5). Potrebbe essere ritenuto opportuno chiarire quale sia la portata normativa del presente articolo 6 rispetto alla disciplina già vigente(3, la quale esclude, per tutti i reati, la responsabilità dell'esercente una professione sanitaria per i casi di colpa lieve, qualora, nello svolgimento della propria attività, il medesimo si sia attenuto a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica. Potrebbe, inoltre, essere ritenuto opportuno valutare se sussista l'esigenza di porre una norma transitoria - che faccia salvo il riferimento alle suddette "linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica" - per l'eventuale periodo precedente la pubblicazione delle linee guida ai sensi dell'articolo 5.
L'articolo 7 disciplina la responsabilità civile degli esercenti professioni sanitarie e quella delle strutture (sanitarie o sociosanitarie), con riferimento all'operato dei medesimi soggetti.
Il comma 1 conferma che la responsabilità civile della struttura sanitaria o sociosanitaria, pubblica o privata, per i danni derivanti dalle condotte dolose o colpose degli esercenti professioni sanitarie, anche qualora essi siano stati scelti dal paziente e non siano dipendenti della struttura medesima, è di natura contrattuale.
Il comma 2 specifica che la responsabilità civile della medesima struttura è di natura contrattuale anche con riferimento alle prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria ovvero in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale nonché attraverso la telemedicina.
Il comma 3 conferma che la responsabilità civile degli esercenti professioni sanitarie (per i danni derivanti dalle condotte dolose o colpose) è di natura extracontrattuale, come già stabilito dall'art. 3, comma 1, del D.L. 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla L. 8 novembre 2012, n. 189. Si ricorda che quest'ultimo prevede altresì che il giudice, anche ai fini della determinazione del risarcimento del danno, tenga debitamente conto dell'eventuale circostanza che il sanitario si sia attenuto a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica. Potrebbe essere ritenuto opportuno chiarire se analogamente, nel nuovo contesto di cui al disegno di legge, il giudice debba tener conto, anche ai fini della determinazione del risarcimento del danno, della sussistenza delle circostanze in cui il precedente articolo 6 escluda la responsabilità penale.
Peraltro, il comma 1 del successivo articolo 9 limita la possibilità di azione di rivalsa nei confronti dell'esercente una professione sanitaria ai casi di dolo o colpa grave; di conseguenza, l'àmbito di responsabilità nell'azione di rivalsa appare più circoscritto rispetto all'àmbito di responsabilità del sanitario nell'eventuale azione diretta (nei suoi confronti) del danneggiato.
L'articolo 8, in primo luogo, sostituisce, per la richiesta di risarcimento di danni derivanti da responsabilità sanitaria, l'istituto del tentativo di mediazione - obbligatorio(4ai fini della procedibilità della successiva domanda giudiziale - con l'applicazione dell'istituto del ricorso (presso il giudice civile competente) per l'espletamento di una consulenza tecnica preventiva, ai fini dell'accertamento e della relativa determinazione dei crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito; anche tale ricorso viene configurato, nella fattispecie in esame (di cui all'articolo 8), come una condizione per la procedibilità della successiva domanda giudiziale. Si ricorda che, in base alla disciplina della consulenza tecnica preventiva, di cui all'art. 696-bis del codice di procedura civile, il consulente, prima di provvedere al deposito della relazione, tenta, ove possibile, la conciliazione delle parti; qualora la conciliazione non riesca, ciascuna parte può chiedere che la relazione depositata dal consulente sia acquisita agli atti del successivo giudizio di merito. Il comma 4 del presente articolo 8 specifica che la partecipazione al procedimento di accertamento tecnico preventivo è obbligatoria per tutte le parti, comprese le imprese di assicurazione, di cui all'articolo 10, e disciplina gli effetti della mancata partecipazione.
In secondo luogo, l'articolo 8 prevede che, in caso di mancata conciliazione, la domanda giudiziale, con le modalità di cui alcomma 3, venga tassativamente presentata ed esaminata nell'àmbito del procedimento sommario di cognizione, di cui agli artt. 702-bis e seguenti del codice di procedura civile, ferma restando(5l'ipotesi che il giudice ravvisi (in base alle difese svolte dalle parti) l'esigenza di un'istruzione non sommaria e che, di conseguenza, fissi, con ordinanza non impugnabile, l'udienza per il procedimento ordinario di cognizione. Sembrerebbe opportuno chiarire se la disciplina di cui al comma 3 riguardi anche le controversie che, in base al loro valore, siano di competenza del giudice di pace, considerato anche che la Corte di cassazione ha ritenuto(6che il procedimento sommario summenzionato non si applichi alle cause di competenza del giudice di pace.
Come accennato, il comma 1 dell'articolo 9 limita la possibilità di azione di rivalsa nei confronti dell'esercente una professione sanitaria ai casi di dolo o colpa grave. I successivi commi dell'articolo 9 recano una disciplina specifica dell'azione di rivalsa in oggetto. Si introduce, tra l'altro, il principio (commi 5 e 6) che la rivalsa, in caso di danno derivante da colpa grave (anziché da dolo), non possa superare una somma pari al triplo della retribuzione lorda annua. Sembrerebbe opportuno precisare (ai fini in esame) quest'ultima nozione, in particolare con riferimento ai lavoratori diversi da quelli subordinati ed ai casi in cui il rapporto di lavoro non duri tutto l'anno o consista in prestazioni occasionali.
Inoltre, il terzo periodo del comma 5, per i tre anni successivi al passaggio in giudicato della decisione di accoglimento della domanda di rivalsa, vieta che l’esercente la professione sanitaria, nell’àmbito delle strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche, sia preposto ad incarichi professionali superiori rispetto a quelli ricoperti ed esclude la possibilità di partecipazione a pubblici concorsi per incarichi superiori. Sembrerebbe opportuno chiarire se tali divieti riguardino, con riferimento ai sanitari che intendano transitare in una struttura pubblica o quantomeno con riferimento ai sanitari nel frattempo transitati in una struttura pubblica, anche i casi in cui l'accoglimento della domanda di rivalsa sia stato in favore di una struttura privata.
commi 1 e 2 dell'articolo 10 confermano, rispettivamente: l'obbligo di assicurazione (o di adozione di un'analoga misura), per la responsabilità civile, a carico delle strutture pubbliche e private che eroghino prestazioni sanitarie; l'obbligo di assicurazione per la responsabilità civile a carico degli esercenti attività sanitaria in forma libero-professionale. Riguardo alle suddette strutture, il comma 1 specifica che l'obbligo concerne anche le prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria nonché attraverso la telemedicina.
Il comma 3 introduce l'obbligo per gli esercenti attività sanitaria, operante a qualsiasi titolo in strutture pubbliche o private, di stipulare un'adeguata polizza di assicurazione per la responsabilità civile, "al fine di garantire efficacia all'azione di rivalsa".
Ulteriori disposizioni, relative alle tre tipologie di obblighi summenzionati, sono stabilite dai commi da 4 a 6Sembra opportuno chiarire se l'obbligo assicurativo introdotto dal comma 3 decorra solo successivamente all'emanazione del decreto ministeriale di cui al comma 6.
L'articolo 11 definisce i limiti temporali delle garanzie assicurative. Sembrerebbe opportuno specificare se tali norme riguardino tutte le tipologie di polizze assicurative di cui all'articolo 10.
Il comma 1 dell'articolo 12 introduce, con decorrenza dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui al comma 6del precedente articolo 10 e fatte salve le norme sul procedimento obbligatorio di accertamento tecnico preventivo di cui all'articolo 8, la possibilità di azione diretta, da parte del danneggiato, nei confronti dell'impresa di assicurazione, con riferimento alle tipologie di polizze di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 10 ed entro i limiti delle somme per le quali sia stato stipulato il contratto di assicurazione. Non viene prevista la possibilità di azione diretta con riferimento alle polizze di cui alcomma 3 dell'articolo 10. I successivi commi dell'articolo 12 disciplinano la suddetta azione diretta e l'azione di rivalsa da parte dell'impresa di assicurazione.
L'articolo 13 prevede che le strutture sanitarie e sociosanitarie e le imprese di assicurazione comunichino all’esercente la professione sanitaria l’instaurazione del giudizio promosso nei loro confronti dal danneggiato, entro dieci giorni dalla ricezione della notifica dell’atto introduttivo, nelle forme ivi stabilite. Non appaiono chiari gli effetti del mancato rispetto del suddetto termine.
L'articolo 14 demanda ad un regolamento ministeriale l'istituzione di un Fondo di garanzia per i danni derivanti da responsabilità sanitaria, al fine di provvedere alla copertura, totale o parziale, dei danni nelle fattispecie individuate dal comma 2 (fattispecie in cui, senza l'intervento del Fondo, il risarcimento sarebbe difficilmente conseguibile, in tutto o in parte). Il Fondo è alimentato da un contributo a carico delle imprese di assicurazione, da determinare in una percentuale del premio incassato per ciascun contratto relativo all'assicurazione per la responsabilità civile per i danni causati da responsabilità sanitaria (commi 4 e 5). Il Fondo ha diritto di regresso nei confronti del responsabile del sinistro (comma 7). Si osserva che non si prevede un diritto di regresso nei confronti della struttura sanitaria o sociosanitaria e che non si richiama il principio (di cui al comma 1 del precedente articolo 9) sull'esclusione della rivalsa nei casi di assenza di dolo o di colpa grave.
L'articolo 15 reca disposizioni sui consulenti tecnici e periti di ufficio - rispettivamente, nei procedimenti giurisdizionali civili e in quelli penali, aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria -, nonché sulla tenuta degli albi dei consulenti tecnici e di quelli dei periti, con riferimento agli esperti nei settori sanitari. Il comma 3, facendo riferimento ad un aggiornamento periodico "al fine di garantire, oltre a quella medico-legale, un’idonea e adeguata rappresentanza di esperti delle discipline specialistiche dell’area sanitaria", sembra implicare una modifica delle norme, ivi richiamate, che, per il settore sanitario, prevedono, nell'albo dei consulenti tecnici, esclusivamente la categoria medico-chirurgica e, nell'albo dei periti, esclusivamente le categorie di esperti in medicina legale, in psichiatria ed in infortunistica del traffico e della circolazione stradale. Sembrerebbe opportuna una più chiara formulazione.
La novella di cui al comma 1 dell'articolo 16 esclude che i verbali e gli atti conseguenti all’attività di gestione del rischio clinico possano essere acquisiti o utilizzati nell’àmbito di procedimenti giudiziari.
In merito, la norma vigente (di cui all'art. 1, comma 539, lettera a), della L. 28 dicembre 2015, n. 208) prevede che i verbali e gli atti conseguenti all’attività di gestione aziendale del rischio clinico, svolta in occasione del verificarsi di un evento avverso, siano riconducibili, qualora siano emersi indizi di reato, nell'àmbito delle attività ispettive o di vigilanza contemplate dall'art. 220 delle Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale. Da tale richiamo sembrerebbe derivare che i verbali e gli atti summenzionati possano essere utilizzati - dopo che siano emersi indizi di reato - come mezzi di prova nel processo penale esclusivamente a condizione che siano rispettate le modalità e le garanzie stabilite dal codice di procedura penale - come, per esempio, quelle poste dall'art. 64, recante le "regole generali per l'interrogatorio".
La novella di cui al comma 2 dello stesso articolo 16 prevede che l'attività di gestione del rischio sanitario (nelle strutture pubbliche e private) sia coordinata da personale medico dotato delle specializzazioni in igiene, epidemiologia e sanità pubblica o equipollenti, in medicina legale ovvero da personale dipendente con adeguata formazione e comprovata esperienza almeno triennale nel settore. Rispetto alla norma vigente (di cui all'art. 1, comma 540, della L. n. 208 del 2015), si introduce il riferimento alla specializzazione in medicina legale e, per i soggetti non aventi le specializzazioni indicate, si pone, da un lato, anche il requisito dell'adeguata formazione e, dall'altro, si sopprime la condizione che il soggetto sia in ogni caso un medico.Potrebbe essere opportuno valutare se far riferimento anche per la specializzazione in medicina legale ai titoli equipollenti.

Gli articoli 17 e 18 recano, rispettivamente, la clausola di salvaguardia, relativa alle regioni a statuto speciale ed alle province autonome, e le clausole di invarianza finanziaria.